Written by Valle Grana Villaggio Culturale

La Valle Grana omaggia don Romano Fiandra con un documentario sulla sua opera pastorale e sociale

Domenica 3 agosto, dalle 21 alle 23, a Villa San Pietro di Monterosso Grana. La visione è gratuita

don Romano Fiandra

Domenica 3 agosto dalle 21 alle 23, a Villa San Pietro di Monterosso Grana, nel contesto della festa patronale di San Pietro in Vincoli, si terrà la proiezione del documentario “Don Romano Fiandra – La costruzione di un sogno”, regia di Andrea Fantino. La visione è gratuita e fa parte del progetto Valle Grana Cultural Village promosso dai Comuni di Monterosso Grana e Pradleves finanziato tramite fondi NextGenerationEU e gestito dal Ministero della Cultura nell’ambito del PNRR. In caso di maltempo la proiezione si terrà in chiesa a San Pietro o in un locale attiguo. Per maggiori informazioni: Ass. La Cevitou/Ecomuseo Terra del Castelmagno al numero 329/4286890.

Don Romano Fiandra, nato nel 1936 a Pietraporzio, figura carismatica e lungimirante, ha lasciato a Monterosso Grana e in valle un’impronta indelebile, ricoprendo tra il 1974 e il 1982 il ruolo di parroco di San Pietro in Vincoli e di Santa Lucia di Coumboscuro. Affrontò l’isolamento degli anziani nelle borgate, accogliendoli inizialmente in canonica e poi realizzando il Pensionato Casa Vittoria con il supporto della comunità locale, attualmente punto di riferimento per tutta la Valle Grana. Contribuì anche al restauro del campanile e del battistero della parrocchiale di San Pietro. Dal 1982 è stato parroco a Limone Piemonte, fino alla recente scomparsa, avvenuta il 16 febbraio 2025.

Il documentario è uno dei tre prodotti nell’ambito della ricerca storico-antropologica su alcuni personaggi determinanti nella storia recente della Valle Grana, dopo quelli dedicati ad altre due figure che hanno segnato la storia della Valle, quali Gianni Dematteis, storico sindaco di Castelmagno e Margherita Molinengo.

Così Fredo Valla, in dialogo con don Romano nel video documentario, ricorda la figura dell’amico sacerdote: “Conobbi don Romano Fiandra negli anni in cui frequentavo Coumboscuro. L’incontro con lui rappresentò per me una piccola rivoluzione. Ero abituato a preti e parroci che nei confronti dell’occitano (a Coumboscuro si preferiva dire provenzale) e della nostra cultura avevano (praticavano) un rapporto paternalistico, nostalgico della tradizione, non rivolto al futuro. Incapaci di sognare (anzitutto sognare) ciò che l’occitano potesse rappresentare per le generazioni dei decenni a venire, della loro consapevolezza di essere eredi di una nobile lingua e di volerla praticare non solo in quanto retaggio degli antenati, ma per la sua capacità di esprimere il tempo presente. Don Romano, come un altro grande, don Ruffa, parroco a Blins/Bellino in val Varaita, era ispirato da un sentimento diverso. Grandi comunicatori entrambi, preti volitivi, determinati, pronti a sporcarsi le mani, che vedevano nella tradizione uno scrigno di sapienze da conservare e da quella ripartire per la rinascita di una lingua e di un popolo che al loro tempo (gli anni Sessanta) parevano destinati a scomparire in quel rinnovamento epocale che fu lo sviluppo industriale dell’Italia. Di don Romano ricordo le liturgie e soprattutto le omelie, forti, e se mi è ammesso dire, trattandosi di un uomo di chiesa, “guerriere”. Ricordo due interviste che gli feci, una a San Pietro di Monterosso Grana, in occitano. Stessa determinazione, stessa forza, stessa capacità di modellare la lingua per esprimere concetti di cui apparentemente, solo apparentemente, la lingua non aveva strumenti e parole per dire. Penso che quest’intervista sia da conservare come un documento importante, non solo linguistico, ma come esempio di un uomo che mai si è arreso, che ha perseguito i propri progetti per il bene della gente con inesauribile coraggio. Quel coraggio che io, ormai vecchio militante occitano e uomo di cinema, vorrei animasse le nuove generazioni”.

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